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    L'8 luglio 1912, al congresso del PSI di Reggio Emilia, avanzò una mozione di espulsione (definita da lui anche lista di proscrizione) nei confronti dei riformisti Leonida Bissolati, Ivanoe Bonomi, Angiolo Cabrini e Guido Podrecca,[44] che venne accolta. L'accusa era di "gravissima offesa allo spirito della dottrina e alla tradizione socialista".[45] Quindi entrò nella direzione nazionale del partito. Collaborò poi con Folla, giornale di Paolo Valera, firmandosi con lo pseudonimo "L'homme qui cherche". Grazie agli eventi del 1912 e alle sue qualità di brillante oratore, nel novembre 1912 divenne esponente di spicco dell'ala massimalista del socialismo italiano e giunse alla direzione dell'Avanti!, organo ufficiale del partito, succedendo a Claudio Treves (Angelica Balabanoff venne scelta per il ruolo di viceredattore capo).[46] Nello stesso periodo (novembre 1913) fondò un proprio giornale, Utopia, che diresse fino allo scoppio della guerra e sul quale pote' esprimere tutte le proprie opinioni, anche quelle in contrasto con la linea ufficiale del partito. Sempre nel 1913, Mussolini si presentò, nel collegio di Forlì, come candidato socialista alle elezioni per la Camera dei Deputati, ma venne sconfitto da Giuseppe Gaudenzi, repubblicano (tradizionalmente, i repubblicani erano molto forti nel forlivese).

    Al congresso del Partito Socialista di Ancona del 1914, presentò con Giovanni Zibordi una mozione (accolta) con la quale si riconobbe esser incompatibile l'appartenenza alla massoneria per un socialista.[47] Il 9 giugno venne eletto consigliere comunale a Milano ed fu protagonista della Settimana Rossa.

    Allo scoppio della grande guerra interpretò con fermezza la linea non interventista dell'Internazionale Socialista. Mussolini era del parere che il conflitto non poteva giovare agli interessi dei proletari italiani bensì solo a quelli dei capitalisti.[48] Nello stesso periodo, all'insaputa dell'opinione pubblica, il Ministero degli Esteri stava avviando un'operazione di persuasione negli ambienti socialisti e cattolici per ottenere un atteggiamento favorevole verso un possibile intervento dell'Italia in guerra.[49] Riguardo agli ambienti socialisti, individuò nel quotidiano del partito uno strumento per portare i socialisti dalla propria parte. fu Filippo Naldi, "faccendiere" con numerosi agganci tra gli ambienti finanziari e il giornalismo (e direttore del bolognese Resto del Carlino), a prendere contatti con il direttore dell'Avanti.[50]

    Il 26 luglio Mussolini pubblicò un editoriale intitolato Abbasso la guerra, a favore della scelta antibellicista; ma negli stessi giorni compaiono altri articoli, a firme di noti esponenti del partito, che pur mantenendo fermo l'atteggiamento di fondo contro la guerra cominciavano a discutere sull'alleato che avrebbe potuto giovare alla causa italiana.[senza fonte] Già nei primi mesi del conflitto appariva quindi tutta l'incertezza del Partito Socialista, che non sapeva risolversi tra la sua inclinazione antimilitarista e la propensione verso la guerra come mezzo per rinnovare la lotta politica e smuovere gli equilibri consolidati nel Paese.[51]
    Uno dei primi a porre dubbi sulla neutralità assoluta fu Bissolati, a cui seguirono Prezzolini, Salvemini, i repubblicani, i radicali, i massoni, i socialisti riformisti e i sindacalisti rivoluzionari.[52] I primi attacchi a Mussolini relativi ad un suo possibile cambio d'opinione si ebbero il 28 agosto 1914 in un articolo de "Il giornale d'Italia" e continuarono nei successivi settembre e ottobre in altri quotidiani. È in questo contesto che Naldi pubblicò un polemico articolo sul Resto del Carlino (7 ottobre 1914, scritto da Libero Tancredi, in cui accusava Mussolini di doppiogiochismo, ottenendo l'irata reazione del direttore dell'Avanti!. Cogliendo l'occasione per un chiarimento, Naldi si recò a Milano nella sede del quotidiano e conobbe personalmente Mussolini.[senza fonte] Sfruttando forse la sua insofferenza per la posizione ambigua del partito, ottenne da Mussolini una prima "conversione", da posizioni antibelliciste a un neutralismo condizionato.[senza fonte]

    Mussolini socialista interventista
    Il 18 ottobre, mutando esplicitamente la propria originaria posizione, Mussolini pubblicò sulla Terza pagina dell'Avanti! un lungo articolo intitolato «Dalla neutralità assoluta alla neutralità attiva ed operante», in cui rivolse un appello ai socialisti sul pericolo che una neutralità avrebbe comportato per il partito, cioè la condanna all'isolamento politico. Secondo Mussolini, le organizzazioni socialiste avrebbero dovuto appoggiare la guerra fra le nazioni, con la conseguente distribuzione delle armi al popolo, per poi trasformarla in una rivoluzione armata contro il potere borghese.[53]

    La sua nuova linea non venne accettata dal partito; nel giro di due giorni Mussolini rassegnò le dimissioni (20 ottobre). Nel periodo di direzione Mussolini, il giornale era salito da 30-45.000 copie nel 1913 a 60-75.000 copie nei primi mesi del 1914.[54] Grazie all'aiuto finanziario di alcuni gruppi industriali (ancora con la mediazione di Filippo Naldi),[55] Mussolini riesce rapidamente a fondare un suo giornale. Il nuovo quotidiano è Il Popolo d'Italia, il cui primo numero uscì il 15 novembre 1914.[56] Dalle colonne del suo giornale Mussolini attaccò senza remore i suoi vecchi compagni. Col partito era rottura: il 29 novembre Mussolini venne espulso dal PSI.
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